SACRESTIA di BiagioFioretti

Dal libro fotografico “Santi, Madonne e Sacrestie” di Pio Peruzzini.

SACRESTIA

C’è una Quaresima che porta dritto alla Pasqua. Un ventre, un vicolo, una stanza, un corridoio dietro, a latere di un altare. Di tutti gli altari e per ogni chiesa.

  E’ un luogo di frescura, dove raccogliersi e prepararsi. Dove l’umano sveste i suoi panni e i suoi orpelli inutili e sovrappiù e si prepara all’olocausto, al sacrificio, ad immolar l’Agnello.

E’ un cono d’ombra prima della Luce. Quella vera, quella sola. Col frastuono del silenzio che imbeve e nutre pareti e pavimenti, oggetti e paramenti. Raggio di sole quasi, per avvampare il bianco d’un bambino chierichetto. Squarcio d’un divino che stilla clemenza e sorride finalmente al candore d’innocenza. Recinto per un girotondo giocoso e giullare, da smettere e riporre in tasca per farsi servitori sull’altare.

Cola dall’alto la quiete e dà spessore, convinzione, buona novella per provare a patir la grazia e la meraviglia, la misericordia del varcare l’oltre, il già qui, il verrà.

Stato d’animo, libro aperto per ogni affanno, quasi una purificazione per accendere lumi e candele, suppliche e sermoni. Passaggio e soglia che mena e conduce direttamente a Dio Abbà, alla Parola Verbo, al suo fiato Consolatore. Che dispone per il Tu, come preghiera e capo chinato.

Limite e mistero che invoglia e suggerisce l’intuizione del come sarà la casa, l’atrio della sua dimora. Il banchetto nunziale per tutti noi e pure per tanti altri ancora.

 E’ anticamera per palestrare il corpo al sacro, per addurlo al gesto sublime, ascetico, spirituale a motivo di necessità, d’urgenza.  Pane e vino ancora tali e quali, frutto e conseguenza umana. Pronti per divenire cibo e manna consacrata, corpo per il corpo degli eletti.

La sacrestia è, allora e per tutto questo, sempre un suq, meno in colore e più ordinato. Cogli armadi per  casule e piviali, amitti o albe, stole, cingoli o cotte. Per le madie ove riporre calici e patene, pissidi e ostensori, turiboli e navicelle. Scaffali pure, per serbar registri nel formale di apporre firme e di certificare nascite, cresime, matrimoni e funerali.

Territorio atavico e universo in pantofole per presbiteri, diaconi e vescovi, accoliti e ministranti. Uomini per lo più consacrati e poche donne votate al culto. Visi imberbi di fanciulli e suore o barbuti e volitivi di frati, prevosti e monaci. Regno del sacrista o sacrestano, burbero e perenne come le colonne dell’altare.

La sacrestia è questo e talvolta pur altro.

Ventre molle e flatulente. Deviazione inconfessata e messa a tacere, nascosta sotto il tappeto dell’indecenza. E’ usurpazione e violenza ributtante, per come ne approfitta e su chi spergiura.

Per il male che, a pochi passi dall’amore sacrificato e venerato, diventa ancor più osceno e tracotante, sconcio, laido, immondo e ripugnante.

Sacrestia come metafora e antifona dell’umano. Mescita di eroico o meschino, sentiero dall’erba rigogliosa e sconosciuta al piede o palude di fango immoto fino alle caviglie.

BiagioFioretti (ventunofebbraioduemiladieci)

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2 Responses to SACRESTIA di BiagioFioretti

  1. Maria ha detto:

    Ho visto e ho letto il libro; si sfoglia e lascia tracce di emozioni, al contempo sentimenti sopiti si risvegliano. È un volume che va nella direzione contraria alla globalizzazione, alla violenza e alla aggressività delle immagini, ostinatamente propone la ricerca di un punto di vista che racchiuda e leghi indissolubilmente lo sguardo dell\’osservatore – il fotografo – l\’oggetto fotografato e l\’obiettivo. Una conciliazione poetica che non si chiude nello spazio di una fotografia, e che racchiude lo spazio immaginario dello scatto. Complimenti. Maria Peruzzini

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